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10 Agosto 2019

10 Agosto, mi sono riincontrato col mio compagno di banco, il dott. Luigi Di Iorio per chiedergli un consiglio su come affrontare una stenosi lombare che mi tiene in apprensione e nonostante le cure,  mi impedisce di camminare correttamente.

 
 

Il Dott. Di Iorio, neurologo in pensione - 44 anni da dottore, tra ascolto e bugie 

La vita sua vita fantasiosa e ricca di avvenimenti che basterebbe per farne una telenovela con diverse puntate. Famosissimo quì in cittaà non solo come medico condotto di chiara professionalità, ma per il suo rapporto, controverso con l'altro genere il femminile. Si ricorda quando con gli invitati schierati in chiesa in attesa dell'arrivo dello sposo (lui naturalmente) arrivo una sua telefonata da Montecarlo che comunicava agli invitati che lui non sarebbe mai arrivato, aveva fatto la "fuitina" con una ragazza infermiera della clinica Villa Pini. Adesso è in pensione ed è consulente di un istituto di Montesilvano. Per darvi una idea di chi è questo eterno ragazzo, mio compagno di banco alla scuola Nolli, quella del maestro Dellapenna per intenderci, vi lascio ad un articolo pubblicato per l'occasione sul "CENTRO" il giornale locale di Chieti

 

 

 

Una istantanea del Dott. Di Iorio

Il medico del centro della città lascia l’incarico e si racconta «Sognai il camice bianco grazie a uno sceneggiato visto in tv». «Mio nonno era un contadino e mio padre un operaio. Erano gli anni Sessanta e in televisione vedevo lo sceneggiato “La cittadella” di Cronin, che raccontava la vita di un medico impersonato da Alberto Lupo. Mi piaceva tanto quel programma e, proprio all’epoca, pensai che avrei voluto fare il medico anch’io». E così è stato: per 44 anni, Luigi Di Iorio è stato il medico di Chieti, prima con lo studio in corso Marrucino e poi in via De Lollis. Quanti pazienti ha visitato non si può dire: «Tanti, alcuni li ho presi bambini e ora sono uomini fatti». Ma, ora, anche per Di Iorio è arrivato il momento della pensione: «Me ne andrò al mare con la mia barchetta», dice il dottore che si congeda dai suoi pazienti con una parola: «Grazie». «Dopo il diploma al liceo scientifico Masci», racconta Di Iorio, «ho studiato alla Sapienza di Roma grazie alle borse di studio: abitavo in una casa con altri 8 ragazzi e pure la padrona e avevamo un solo bagno. La mattina era sempre un caos e, allora, io mi portavo all’università una borsetta con dentro gli oggetti per l’igiene personale: lo facevo per non perdere tempo. C’erano docenti importanti: al corso di Farmacologia, un certo Vittorio Erspamer, lo scopritore della serotonina e candidato al premio Nobel. Poi, nel 1972 mi sono laureato: il giorno dopo la laurea, mentre cenavo nella mia casa di Chieti, mio padre mi portò un libretto postale e mi disse: “Questi sono i soldi delle tue borse di studio, li abbiamo messi da parte. Ti dicevamo che non potevamo pagarti gli studi, invece, l’abbiamo fatto. E i soldi delle borse di studio li abbiamo messi da parte per te». Nel 1973, Di Iorio ha cominciato la sua carriera di medico all’ospedale di Chieti: «Eravamo solo 15 medici e io lavoravo al Pronto soccorso, mi fecero lavorare subito a Natale e a Capodanno. Il primo caso? Un infartuato, mi ricordo ancora nome e cognome. Prima la città era una famiglia e ci si conosceva quasi tutti», dice Di Iorio, «i medici si concedevano ai pazienti per risolvere i problemi. Eravamo un po’ come i preti: eravamo il tramite tra i pazienti e il mistero della malattia, come i preti sono il tramite tra i fedeli e il mistero della religione. Adesso, con Internet, il rapporto tra medici e pazienti è cambiato: tanti leggono e si informano e, poi, non si fidano più. Manca l’autorevolezza che c’era prima. E forse i medici ascoltano: per me, l’ascolto è stato sempre importantissimo».In 45 anni, la sanità è mutata: «Come facevo a scoprire una pleurite? Dicevo ai pazienti: dica 33, semplice no? ». E Di Iorio vanta un primato: «Mi sono specializzato in Neurologia a Napoli nel 1973 e sono stato il primo di Chieti». Ai nuovi medici, Di Iorio ricorda tre parole chiave: «Tenacia, ascolto e umiltà. Con queste tre doti si può fare tutto: dall’astronauta al contadino. E ovviamente il medico».Nella sua carriera, Di Iorio, papà di due figli maschi, lo psichiatra Giuseppe e il poliziotto Vittorio, ha dispensato medicine e «piccole bugie a fin di bene, quanto basta per dare coraggio»: «Davanti a casi incurabili, non ho mai detto la verità ai pazienti. Ai familiari sì, ma ai pazienti no: una piccola bugia per donare gioia di vivere. Una volta, un ragazzo si sentiva debole, gli dissi di fare le analisi del sangue e mentre stava facendo un lavoretto a un campo di bocce andai io a ritirarle: scoprii che aveva una grave forma di leucemia. Quel giorno gli dissi di sbrigarsi a finire quel lavoro e che sarebbe andato tutto bene». E poi c’è un altro caso scolpito in mente: «Ricordo anche un ex pretore, affetto da un tumore neurologico: andavo tutti i giorni a fargli visita e cercavo di trasmettergli un po’ di tranquillità. Una volta, mentre andavo via, mi disse: grazie. Era il grazie per la mia piccola bugia».

Il Dott. Di Iorio è il secondo, a partire da sinistra, della seconda fila

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