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24 novembre 2010 - 63° compleanno

Mercoledi 24 del mese di  novembre 2010, dedicato ai festeggiamenti per il mio 63 esimo

compleanno a Chieti, contornato da parecchie persone a me care.

 

Oggi 24 novembre 2010, sono a Chieti, da mamma Gina, per festeggiare insieme a mio fratello, a mia sorella e ai due nipoti il mio 63 esimo compleanno. Per l'occasione, mamma ha offerto la torta, fabbricata nella panetteria di Jolanda alla Madonna degli Angeli, costruita appositamente dalla figliola che è una specialista di queste bontà fatte torte. La cena e il festeggiamento è avvenuto al ristorante pizzeria dell'aeroporto d'Abruzzo a Pescara. La cena era tutta a base di pesce, ma si potevano chiedere piatti, sempre a base di pesce (pasta  o riso alle vongole) anche se questi non erano nel menu tradizionale. In più si poteva ordinare delle buonissime pizze, cotte con il forno a legna in pochissimi minuti. insomma un bel posticino che consiglio di frequentare, non fosse altro per il fatto che i prezzi sono abbastanza abbordabili, il servizio eccellente e di tanto in tanto, attraverso il finestrone del ristorante si può veder atterrare tutti gli aerei che fanno scalo in questo aeroporto, dato che questo da proprio sulla pista di atterraggio. Il tutto naturalmente innaffiato con dell'ottimo montepulciano d'Abruzzo. La festa si è protratta fino a tarda sera e alle 24 eravamo al taglio della torta un tantinello 'mbriachi e qualcuno incominciava a intonare canzoncine oscene. Tra i regali ricevuti, un biglietto per assistere a un concerto del cantante rock, un po stagionato, che avrebbe fatto tappa in città,  

Spegnimento delle candeline

 

leader dei Jathro Tull, Ian Anderson. Sabato 26 novembre. Ore 21. Sono all'ingresso del Palazzetto dello Sport, col mio biglietto, pronto per assistere al concerto di Ian Anderson. Voi mi direte chi sarà mai sto tizio? Ma per me che compio 63 anni è stato il mito della mia giovinezza, più che i Beatles. Il Palazzetto si presenta in versione quasi teatrale, con il palco rivolto verso una tribuna, parterre e gradinate, noi spettatori siamo tutti ordinatamente seduti. E' la cornice giusta per un leader, grande cantante, compositore e flautista del celebre gruppo rock dei Jethro Tull, che fa tappa in città con una nuovissima e sofisticata band, stravolgendo ampiamente i canoni prestabiliti. Il palco è volutamente scarno: quello a cui stiamo per assistere, non è semplicemente un concerto, e non è neppure l'autocelebrazione di una rockstar anagraficamente compromessa ( 63 anni, come me, suonatissimi e per il mestiere che fa, potrebbero essere tanti), ma è uno spettacolo musicale di altissimo livello. Quì stasera siamo quasi duemila. Famiglie intere (intese come genitori, figli e nipoti!) sono quì per un "giullare" di corte particolarmente dotato, capace di entrare nella storia del rock ma di non rimanerne prigioniero, e in grado di stravolgere canoni stilistici prestabiliti. Un anfitrione brusco, questo sì, ma accogliente e sincero. La casa di Ian Anderson non è la Scozia, dove è nato, né l'Inghilterra, nazione che l'ha «adottato»: la Heimat di questo sorprendente musicista è il palco. Fra un brano e l'altro, si prodiga con maestria nella contestualizzazione del brani: atteggiamento apprezzabile, se si prende in considerazione il vasto repertorio. Anderson si presenta con il suo caratteristico look: bandana in testa, gilet su maglietta stropicciata, blue-jeans e calzatura in pelle nera. La nuova band merita una menzione: il giovane Florian Opahle, 

   

Mamma Gina, 84 anni - L'organizzatrice della mia festa

        

ventisette anni di chitarrismo virtuoso di matrice metallara, John O'Hara alle tastiere e all'accordeon (fisarmonica elettrificata, già nei Jethro Tull), il bassista David Goodier, ed il batterista di scuola jazz Scott Hammond. L'acustica risulta di pregio già dal primo brano: una suonata natalizia riarrangiata in chiave rock/progressive, dove trovano spazio fraseggi strumentali contraddistinti da un tecnicismo mai autocompiacente. La prima mezz'ora di concerto si muove su queste dinamiche, dove il carisma di Anderson fa da cornice ad un suono ricco e contaminato, in cui ogni componente della band trova lo spazio per esprimersi al meglio. Intorno alle 21.35, salgono sul palco i quattro musicisti di Budapest dello Sturcz Quartet (un classico quartetto d'archi da camera), che eseguono due brani dei Jethro Tull riarrangiati da O'Hara, oltre a due pezzi con l'intera band. C'è spazio anche per «Preludio in Do maggiore» di J.S. Bach, e per il celebre brano «Bourée», rivisitazione di Anderson di una composizione dello stesso Bach. Dopo un quarto d'ora di pausa, il gruppo torna sul palco assai carico, con il front-man capace di offrire al pubblico uno spettacolo da vero giullare, comprendente anche la famosissima posa «della gambetta alzata». In un repertorio vastissimo, trovano spazio due classici dei Jethro Tull, Aqualung e Locomotive breath, come brano di chiusura, durante il quale il pubblico batte il tempo con mani e piedi, coinvolto da una performance di altissimo livello, che ha unito generazioni ed epoche, annullando, per due ore abbondanti, illusori confini generazionali, geografici e musicali.Sono uscito all'aria fresca e mi sentivo un ragazzetto catapultato negli anni settanta che fischiettando allegramente si avviava verso casa.Un bel regalo per una meravigliosa serata, se vogliamo un pò diversa per un compleanno, che io ho molto apprezzata, da parte dei miei più cari amici, che contraccambierò con una bella bevuta in barba agli anni che passano e che mai più ritorneranno indietro.

 

    

 

Ian Anderson in concerto

 

 

 

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