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Il primo giorno di lavoro

Correva l'anno 1969 e io, per la prima volta mi trovavo all'interno del laboratorio Controllo Qualità di una grossa industria farmaceutica Svizzera pronto a incominciare il mio nuovo lavoro di tecnico di laboratorio.

 

 

Il 14  di giugno dell'anno 1969, dopo innumerevoli colloqui presso le varie industrie a cui avevo inoltrato domande e dopo aver valutato un'infinità di fattori, distanza da Brugherio, impossibilità a muoversi sul territorio (unico mio mezzo di locomozione era una bici di seconda mano usata per 2 anni), entravo in azienda per il mio primo giorno di lavoro. Ero stato assunto dopo un colloquio niente affatto facile dal sig. Rastelli, in presenza del dott. Gatti, capo di tutti i laboratori analisi in sostituzione di un tecnico che si era appena licenziato. Mi ricordo l'impressione che ricevetti allora, dopo aver indossato il camice con su scritto il mio nome sulla tasca in alto a sinistra, proprio sopra il cuore, quella che conteneva le pinzette e le spatoline in acciaio inossidabile da utilizzare per la pesatura dei reagenti. Già mi immaginavo ad utilizzare tutti quei sofisticatissimi strumenti che erano disseminati ordinatamente su 

 

ogni bancone del laboratorio. Non fu proprio così, agli strumenti ci sarei arrivato ma qualche anno dopo, adesso fui affidato alle analisi di una linea di prodotti cosmetici che allora si chiamava Panten. Analizzavo le bombole di lacca, tutte le frizioni e gli shampoo che l'azienda (allora dietro la Rinascente a Milano in Piazzale Loreto) produceva. Noi davamo la nostra consulenza sulla qualità del prodotto e sul contenuto analitico dei principi attivi, nonchè sulle qualità organolettiche dei campioni che ci venivano giornalmente mandati, stilando un certificato d'analisi completo. In oltre io mettevo, seguendo le indicazioni del dott. Lumini, in sequenza e analizzavo delle prove di stabilità alle varie temperature delle bombole delle lacche prodotte. Questo andò avanti un paio d'anni, finchè il tecnico addetto ai controlli sulle vitamine non si licenziò per andare a lavorare in una cartiera. Allora per il principio dei "vasi comunicanti" delle esperienze acquisite, nonostante il nuovo tecnico assunto fosse raccomandato, fui messo io a fare le analisi che fino alla settimana prima faceva Ferrari. Passai con grande soddisfazione, almeno inizialmente da analizzare le vit B2 e le vit B6  e vit. C in tutte le forme farmaceutiche in cui erano contenute, sia nei prodotti finiti che nei semi lavorati. Allora le analisi erano fatte singolarmente e per tipo e la vit. B2 era una delle più rognose in quanto veniva utilizzata la Piridina a caldo per il suo attacco e le soluzioni venivano lette al Fluorimetro confrontandole con uno standard. Rognose per gli inconvenienti che lasciavano sulla pelle, perchè nonostante io lavorassi sotto cappa, mi lavassi di frequente e facessi   

 

Campionatore - Vials contenenti i campioni liquidi, pronti ad essere iniettati in sequenza

 

numerosissime docce, l'odore penetrante e particolare della Piridina mi seguiva dappertutto, persino dal giornalaio al mattino quando andavo a comperare il Corriere della Sera che mi leggevo intanto che facevo la strada per andare al lavoro seduto sul tranino che allora collegava Vimercate a Milano passando per Piazza Durante la sede della mia ditta. Dopo un pò andò via il dott. Gatti sostituito dal Prof De Martiis e poi il sig. Rastelli fu sostituito dal dott. Lunardelli e le cose per me cambiarono drasticamente, fui messo a capo di una linea innovativa e dotato di strumentazioni, allora pionieristiche, della Perkin Elmer, adatte per la quantificazione in HPLC dei prodotti. Si incominciò allora a quantificare le sostanze non più singolarmente, ma in blocco e ognuno avra' non più il componente da analizzare ma l'intero prodotto,

            

Qui sopra si nota a sinistra una bilancia analitica Metler e a destra un sistema HPL completo

 

         

Qui sopra si nota a sinistra un computer con programma WINNER per l'acquisizione dei dati analitici

e a destra un rivelatore UV della termo separation con cambio di lunghezza d'onda programmabile.

anche se  queste condizioni non verranno applicate nella quantificazione delle vit D2 in quanto questa necessitava di tecniche di purificazione dalle matrici e veniva sempre quantificata in "fase diretta" su colonne a base silice non ricoperte. La maggior parte delle altre analisi HPLC, venivano effettuate su colonne ricoperte con C18 o C8, con fasi mobili che erano le miscele di acqua/acetonitrile e acqua/metanolo. Le particelle erano sferiche o irregolare del diametro di 5um o di 10um e la colonna era di lunghezza variabile, e le condizioni analitiche erano sempre indicate nel metodo che prima di essere ufficializzato doveva essere provato e validato nelle più disparate condizioni. Le apparecchiature mano a mano erano diventate sempre più sofisticate passando da un semplice iniettore a valvola Reodine con microsiringa e loop di 10ul a un campionatore automatico che durante la sequenza analitica non richiedeva mai l'intervento del tecnico se non per la raccolta dei grafici e dei dati da allegare al foglio di analisi. Nelle prossime pagine descriverò la messa appunto di un metodo e il controllo annuale degli strumenti analitici dalla pompa al rivelatore.

 

 

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