Main
La
Scuola Media
|
|
Correva l'anno
1958 e la mia storia continua.
Sono arrivato alla scuola media e vado alla "Chiarini" situata
nella villa comunale di Chieti. |
|
|
Enio con il
cuginetto Carlo
|
...Ero appena alla
prima media, alle scuole nella villa comunale di Chieti,
alla Chiarini, nel periodo che le mamme portavano in giro i
neonati legati nelle fasce, piccole mummie costrette
all'immobilità. Allora nessun marito avrebbe avuto il
coraggio di spingere una carrozzella per le strade della
città; quello era un lavoro da donna. La scomparsa delle
fasce segnò la scomparsa dell'odore di pipì. Rimanevano
ancora gli argomenti tabù e sembravano non sarebbero
crollati mai. E improvvisamente, tutto fu diverso " Io ho
vissuto quell'epoca di grande umanità, quella non me la
toglierà nessuno...". A scuola andavo bene in quasi tutte le
materie tranne in Latino, quella lingua che per tradurla
bene dovevi conoscere una quantità di cose e sopratutto
l'analisi logica. Di solito me la cavavo dal latino
all'italiano ma facevo disastri nelle traduzioni
dall'italiano e solitamente la professoressa Cavasinni mi
scroccava dei bei tre, che di solito che bilanciavo con i
sei o |
|
i sette degli orali. I paradigmi, oddio non li ho fatti, e giù la mattina seduto
sulla panchina di cemento, dietro la scuola a farli in fretta e furia. Mi
ricordo anche di un professore di disegno, che intravide in un mio acquerello,
un qualcosa che io non vedevo, che mi fece partecipare e classificarmi secondo
ad un concorso di pittura sull'Odissea di Omero. Io dipinsi un Ulisse che
insieme ai suoi prodi trafiggeva un grossissimo Polifemo con una trave appuntita
mentre nell'angolo dell'antro in cui viveva, si notava tutto il suo gregge
belante. E' stata forse la prima e ultima volta in cui io partecipai ad una gara
di pittura. Ricordo anche un professore di ginnastica che ci faceva fare delle
interminabili partite a palla a volo nello stanzone che era sotto la gradinata
del vecchio stadio alla Civitella. Erano le medie una tappa necessaria per poter
frquentare l'Industriale, il mito di allora e di poter prima o poi andare a
lavorare all'ENI. Quanti ricordi in quello stadio dove, di nascosto dei miei mi
facevo quattro chilometri a piedi, la domenica pomeriggio, per andare ad
assistere alle partite del Chieti, i fatidici nero verdi che allora giocavano in
quarta serie. Guardavo e vivevo la partita, il campo bello levigato e
innaffiato, allora non esisteva l'erba, con le righe bianche a delimitare le
aree, e Paradiso la mitica ala destra, il numero 7 per eccellenza, che con la
sua velocità e i suoi dribling ridicolizzava i terzini avversari. Per non
parlare di Rosati I stopper vecchia maniera, con un rilancio di palla che andava
da un lato all'altro del campo e Rosati II, terzino di fascia che si incollava
al suo avversario e non gli faceva toccare mai palla. Si quello stadio che poi
ho calcato anch'io, giocando prima col Chieti Scalo e poi con la Teatina, il
torneo
Io
sono a sinistra |
aziendale, mi
faceva sognare. Si giocava per poco anzi pochissimo,
mi ricordo che il ragioniere del deposito della
birra a Femminella mi pagava con un pacchetto
di Mercedes da dieci e una coca cola dal
distributore automatico dello stadio. In compenso ti
potevi tenere le scarpette da giocatore, la borsa di
pelle per contenere il tutto e la maglietta e i
pantaloncini per gli allenamenti. Se ci fossero
avanzati dei soldi alla fine del campionato ci
avrebbe comperato anche la tuta e per noi era una
"libidine" se pensate che si giocava nell'aia scalzi
e con una palla di gomma bianca col rischio di
prendersi delle belle "cipolle". Tutto andava come
era sempre andato negli anni, solo che noi si
cresceva e si incominciava ad uscire la domenica e a
farsi la prima fidanzatina. Solo Tomassetti, il
farmacista come il dottore continuavano a fare
quello che avevano sempre fatto, un pò l'amico e |
|
un pò
il confessore, colui che
conosceva le famiglie e le storie delle stesse. Dava medicinali e
consigli talvolta indulgendo alle credenze popolari, anche perchè
una convinzione forte sa fare talvolta meglio di una pillola in più.
E tra le credenze c'era quella che voleva derivante dall'intestino
tutto ciò che di patologo si manifestasse. Come dire che un
buon purgante non si negava a nessuno. Nella farmacia si distribuiva
Penicillina per i malati di sifilide, allora non c'era l'AIDS ma i
pericoli per l'uccello erano lo stesso in agguato. Si distribuiva
anche Eroina ai malati di Tisi. Eroina legale, si intende, usata per
calmare la tosse degli ammalati. La si somministrava in gocce, erano
tutti
drogati, ma non succedeva niente in quanto il
"farmaco" era un prodotto purissimo e nessuno soffriva di crisi da
astinenza. Questo succedeva l'altro ieri e pare già un secolo, ma
chi ha voglia oggi di stare a
leggere queste vecchie storie ?
Gli adulti preferiscono dimenticarle, perchè oggi hanno altri
problemi, meno materiali ma che scavano di più.
Da noi non c'è più lo spettro
della fame e nemmeno urlano più le sirene ad annunciare il passaggio
degli aeroplani da guerra eppure la gente soffre di stati
ansiosi. E' impressionante vedere l'elenco che indica la quantità
dei tranquillanti venduti ogni mese, un trend che non ammette requie
e che si adegua alla situazione generale delle città, piccole o
grandi che siano. Si salvano ancora i piccoli paesi solo perchè lì
la vita riesce a tirare ancora il freno. Tomassetti, oggi ha una sua
teoria, dice che gran parte dell'ansia dipende dai sensi di colpa
legati all'organizzazione familiare, figli che reclamano eccessi
d'indipendenza e uomini che non trovano un posto dove invecchiare in
pace. In mezzo una generazione oppressa dal lavoro, tirata per la
giacca dal passato e dal presente, incapace di ritrovare la giusta
collocazione in equilibrio tra vecchio e nuovo.
Chieti Scalo |
|