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Anno 1947

 

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La Vendemmia 1

 

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a Chieti

 

LA VENDEMMIA 1

Le giornate della vendemmia erano le più belle, le più attese dai contadini. Era il momento di tirare le somme di un'intera annata di lavoro e di fatiche non sempre giustamente ripagate a causa di una improvvisa grandinata o del perdurare della siccità. Quanto lavoro nella vigna, il verderame ogni settimana, togliere le erbacce tra i filari, solitamente la gramigna. Spedare ( potare con le mani ) i viticci e assicurarsi che la cenere ( la malattia dell'uva ) non attaccasse gli acini. Sulle strade ad ogni ora del giorno passavano carri e carretti trainati dai buoi, con sopra tutto l'occorrente per la venndemmia, tini, cesti,tinozze. alle prime luci dell'alba, ogni

gruppo famigliare, allora molto numerosi, altrimenti riuniti in cooperative di due o tre famiglie, si avviava verso la campagna per intraprendere il lavoro. Arrivati nei campi si procedeva subito a scaricare dai carri tutti gli attrezzi; cesti e secchi venivano collocati sotto il pergolato, pronti per essere riempiti  di grappoli che i vendemmiatori staccavano dai tralci della vite con un secco colpo di forbice o con una lama ben affilata di un coltello. Quando i recipienti erano ricolmi d'uva, venivano svuotati dentro la bigongia, che veniva caricata sulle 

spalle del più forte, e portata fuori dal pergolato per essere svuotata nella tinozza, dentro la quale di solito stavano due ragazzi a piedi nudi pronti per la pigiatura. In certe mattine d'ottobre i grappoli bagnati di rugiada erano talmente gelidi da costringere quei ragazzi a fare dei salti per riscaldarsi i piedi. Il pericolo per i pigiatori era quello di scivolare e cadere dentro le tinozze, allora per maggior sicurezza legavano una corda o un filo di ferro del pergolato a una colonna e con questo sostegno i ragazzi potevano pigiare con maggiore tranquillità. Altro momento critico era quando arrivavano le vespe attratte dal dolce mosto. A volte capitava che senza accorgersi qualche ragazzo pestasse con il piede uno di questi insetti. Allora il suo piede si gonfiava a vista d'occhio con dei dolori fortissimi. Allora veniva sostituito e si continuava la vendemmia. Era usanza di noi vendemmiatori, intonare canti e cori ai quali rispondevano altri vendemmiatori nei campi vicini. Erano canti di gioia tra persone felici, innamorate della loro terra, del loro lavoro, del quieto vivere.

 

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