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Allora facevo la 1° madia

Ottobre del 1958... Ero appena alla prima media, alle scuole nella Villa Comunale di Chieti, alla Chiarini, nel periodo che le mamme portavano in giro i neonati legati nelle fasce, piccole mummie costrette all'immobilità. Allora nessun marito avrebbe avuto il coraggio di spingere una carrozzella per le strade della città; quello era un lavoro da donna. La scomparsa delle fasce segnò la scomparsa dell'odore di pipì. Rimanevano ancora gli argomenti tabù e sembravano non sarebbero crollati mai. E improvvisamente, tutto fu diverso " Io ho vissuto quell'epoca di grande umanità, quella non me la toglierà nessuno...". A scuola andavo bene in quasi tutte le materie tranne in Latino, quella lingua che per tradurla bene dovevi conoscere una quantità di cose e sopratutto l'analisi logica. Di solito me la cavavo dal latino all'italiano ma facevo disastri nelle traduzioni dall'italiano e solitamente la professoressa Cavasinni mi scroccava dei bei tre, che di solito bilanciavo con i sei o i rarissimi sette degli orali. I paradigmi, oddio non li ho fatti, e giù la mattina presto, seduto sulla panchina di cemento, dietro la scuola a farli in fretta e furia. Mi ricordo anche di un professore di disegno, che intravide in un mio acquerello, un qualcosa che io non vedevo, che mi fece partecipare ad un concorso dove riuscii a classificarmi secondo: un concorso di pittura sull'Odissea di Omero. Io dipinsi un Ulisse che insieme ai suoi prodi trafiggeva un grossissimo Polifemo con una trave appuntita mentre nell'angolo dell'antro, in cui viveva, si notava tutto il suo gregge belante. E' stata forse la prima e ultima volta in cui io partecipai ad una gara di pittura. Ricordo anche un professore di ginnastica che ci faceva fare delle interminabili partite a palla a volo nello stanzone che era sotto la gradinata del vecchio stadio alla Civitella. Erano le medie una tappa necessaria per poter frequentare l'Industriale, il mito di allora e di poter prima o poi andare a lavorare all'ENI. Quanti ricordi in quello stadio dove, di nascosto dei miei mi facevo quattro chilometri a piedi, la domenica pomeriggio, per andare ad assistere alle partite del Chieti, i fatidici nero verdi che allora giocavano in quarta serie. Guardavo e vivevo la partita, il campo bello levigato e innaffiato, allora non esisteva l'erba, con le righe bianche a delimitare le aree, e Paradiso la mitica ala destra, il numero 7 per eccellenza, che con la sua velocità e i suoi dribbling ridicolizzava i terzini avversari. Per non parlare di Rosati I stopper vecchia maniera, con un rilancio di palla che andava da un lato all'altro del campo e Rosati II, terzino di fascia che si incollava al suo avversario e non gli faceva toccare mai palla. Si quello stadio che poi ho calcato anch'io, giocando prima col Chieti Scalo e poi con la Teatina, il torneo aziendale, mi faceva sognare. Si giocava per poco anzi pochissimo, mi ricordo che il ragioniere del deposito della birra a Femminella mi pagava con un pacchetto di Mercedes da dieci e una coca cola dal distributore automatico dello stadio. In compenso ti potevi tenere le scarpette da giocatore, la borsa di pelle per contenere il tutto e la maglietta e i pantaloncini per gli allenamenti. Se ci fossero avanzati dei soldi alla fine del campionato ci avrebbe comperato anche la tuta e per noi era una "libidine" se pensate che si giocava nell'aia scalzi e con una palla di gomma bianca col rischio di prendersi delle belle "cipolle". Tutto andava come era sempre andato negli anni, solo che noi si cresceva e si incominciava ad uscire la domenica e a farsi la prima fidanzatina. Solo Tomassetti, il farmacista della farmacia Spatocco,come il dottore Pichiecchio, continuavano a fare quello che avevano sempre fatto, un po’ l'amico e un po’ il confessore, colui che conosceva le famiglie e le storie delle stesse. Dava medicinali e consigli talvolta indulgendo alle credenze popolari, anche perchè una convinzione forte sa fare talvolta meglio di una pillola in più. E tra le credenze c'era quella che voleva derivante dall'intestino tutto ciò che di patologo si manifestasse. Come dire che un buon purgante non si negava a nessuno. Nella farmacia si distribuiva Penicillina per i malati di sifilide, allora non c'era l'AIDS ma i pericoli per l'uccello erano lo stesso in agguato. Si distribuiva anche Eroina ai malati di Tisi. Eroina legale, si intende, usata per calmare la tosse degli ammalati. La si somministrava in gocce, erano tutti drogati, ma non succedeva niente in quanto il "farmaco" era un prodotto purissimo e nessuno soffriva di crisi da astinenza. Questo succedeva l'altro ieri e pare già un secolo, ma chi ha voglia oggi di stare a leggere queste vecchie storie ? Gli adulti preferiscono dimenticarle, perchè oggi hanno altri problemi, meno materiali ma che scavano di più. Da noi non c'è più lo spettro della fame e nemmeno urlano più le sirene ad annunciare il passaggio degli aeroplani da guerra eppure la gente soffre di stati ansiosi. E' impressionante vedere l'elenco che indica la quantità dei tranquillanti venduti ogni mese, un trend che non ammette requie e che si adegua alla situazione generale delle città, piccole o grandi che siano. Si salvano ancora i piccoli paesi solo perchè lì la vita riesce a tirare ancora il freno. Tomassetti, oggi ha una sua teoria, dice che gran parte dell'ansia dipende dai sensi di colpa legati all'organizzazione familiare, figli che reclamano eccessi d'indipendenza e uomini che non trovano un posto dove invecchiare in pace. In mezzo una generazione oppressa dal lavoro, tirata per la giacca dal passato e dal presente, incapace di ritrovare la giusta collocazione in equilibrio tra vecchio e nuovo.

 

 

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