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Il Diploma

Correva l'anno 1966 e io mi trovavo per la terza volta ad affrontare un esame che avrebbe dato una svolta alla mia vita futura: l' ESAME DI STATO, all' ITIS Luigi di Savoia di Chieti

 

Ce ne accorgevamo quasi senza volerlo, acquattati sulla spiaggia all’ultimo solicello di agosto che le giornate erano più corte più tristi, più sfocate. Gli ultimi giorni di vacanza, una fucilata nel fondoschiena da far crollare un mulo, ma tant’è si doveva ritornare. Ritrovarsi in città, o fra le quattro mura del paese, per contare i giorni che ci separavano dalla scuola. le ore che ci mantenevano ancora lontani da quelle mura grigie, i minuti che ci salvavano dalla maledetta campana, i secondi che tenevano a freno il fiato caldo dei bidelli sul collo, I centesimi che ci ponevano ancora fuori tiro dalle verifiche programmate. Annaspare per ore dietro a un sogno che muore, lentamente di asfissia, per entrare di nuovo nell’incubo d’autunno. Scrutare il calendario del gommista appeso al chiodo sul muro della cucina, boccheggiare e capire, in un triplo cognac che c’è poco da fare. E poi, quella mattina livida e spietata, srotolare giù da letto con la bocca impastata, infilarsi dentro al cesso con la morte nel cuore, trascinarci alla fermata del filobus col biglietto scaduto guardar fisso negli occhi un vecchietto assonnato, rimbalzare tra i pivelli che ridacchiano invano, atterrare malamente di muso, proprio sotto al portone già mezzo chiuso. Che fare? Il fattibile e, dunque, ritrovare gli stessi amici, le menate di sempre i sorrisi, le faccende di cuore che vanno a pallino. Il professore di Chimica-fisica, Sanità Di Toppe, che incomincia a spiegare le sue derivate parziali e a dettare pagine e pagine di quaderno dicendoti subito che eravamo già indietro col programma e d’incanto, per nulla storditi, smoccolare di brutto e far finta di essere vivi. Questo ci capitò ogni anno per cinque anni, quelli necessari per prendersi il diploma di Perito Chimico Industriale Capo-Tecnico  all'ITIS Luigi Di Savoia di Chieti. Quell'anno, il 1966, ci passò in un battibaleno e dopo le preoccupazioni per l'ammissione ci fu quella molto più grossa perchè nella commissione d'esame c'era Monaco, professore di Chimica (Impianti, Industriale e Analisi strumentale) particolarmente "tignoso" che era capace di tenerti inchiodato alla lavagna su un diagramma col "vapore surriscaldato" o sul calcolo della resa di una distillazione frazionata per ore, sviscerando tutto dalla a alla zeta senza tregua e poi decidendo in maniera insindacabile, no se tu avevi studiato, ma se tu avevi realmente capito e appioppava di conseguenza il voto, quasi mai alto e sempre più basso del 7. Decidemmo pertanto la strategia per il superamento di questo scoglio, l'esame che per molti si rivelò più duro del previsto, causa anche le ataviche rivalità tra Monaco e il professor Morgia, quest'ultimo, ritenuto bravo ma molto nozionistico nelle sue spiegazioni. Io e Spezzaferro decidemmo di trovarci a casa mia una decina di giorni prima che toccasse a noi gli orali e di studiare insieme interrogandoci a vicenda. Io tutte le mattina, abitando a Chieti, assistevo all'interrogatorio orale di tutti gli altri candidate al diploma che ci precedevano nell'esame, valutando attentamente la ricorsività di certe domande e le spiegazioni date dagli studenti.

   

Correva l'anno 1966 e avevamo circa 18 anni

La foto quì sotto è stata scattata davanti alla palestra e pertanto mancano le femminucce della nostra classe. Il primo della fila in basso accosciato è Marconi subito dopo c'è Conte, con la maglia bianca si vede Tatasciore e per finire Malizia. Della prima fila in piedi riconosco solo Tomassetti con dietro la testa di Adriani, con gli occhiali il professore Toppetti, a fianco si nota distintamente la testa di Treddenti e poi gli ultimi due, Spezzaferro, quello alto col maglione nero e Pizzuto. Io, mi vedo appena in quanto la mia faccia è in ombra e sono esattamente sotto la mano che fa le corna. Se qualcuno si riconoscesse in questa foto è pregato di comunicarmi il nome e un eventuale suo indirizzo mail per poterlo contattare ed eventualmente organizzare un grande meeting e sicuramente si organizzerà una bella mangiata. Eventuali altre foto, per essere pubblicate, vanno spedite in formato jpg a: nonnoenio@yahoo.com

 

Si studiava fino alle 18 di sera e poi si cominciava con l'interrogazione reciproca, percorrendo, a piedi, con i libri in mano da casa mia fino a Femminella (allora la Via Majella era pochissimo trafficata), avanti e indietro fin quando non venisse buio. Era il mese di Agosto e il buio veniva tardi. Io comunque nello scritto ero andato abbastanza bene, sopratutto nella prova di Impianti dove avevo dovuto progettare un sistema di "purificazione" di una sostanza organica erroneamente cristallizzata con le relative impurezze. Era il classico impianto con dissoluzione della sostanza (immaginate lo zucchero) in acqua e successivi suo trattamento con carbone attivo per eliminare le impurezze, una successiva centrifugazione per asportare il carbone e sua ricristallizzazione a freddo. La progettazione dell'impianto fu da me eseguito e disegnata in meno di tre ore, così che alle 12 ero già fuori a discutere con gli altri sul come e sul perchè di certe soluzioni adottate. Il giorno dopo sostenni la prova di laboratorio, dove noi della V°A eravamo un pò scarsetti, perchè il professor Monaco utilizzava le ore in classe a suo piacimento e vedendo noi tutti a dirigere industrie, ci preparava di più sulla chimica Industriale e sulla chimica Impianti. Nonostante tutto, la determinazione del ferro bivalente, secondo Zimmerman, me la cavai 

 

                        

Conte & Spezzaferro                                                                                Spezzaferro&Di Giovanni

abbastanza bene e la  quantità di Ferro che io trovai doveva essere abbastanza vicina a quella reale. All'orale mi andò benissimo, tre ore di domande serrate, incalzanti seguite dalle mie risposte, precise e centrate. All'uscita dei quadri fui sorpreso dal gran numero di rimandati a settembre e dal numero esagerato di bocciati e sopratutto dalla mia media che quantificai subito pari a 8 e tre quarti. Soddisfatto me ne sono ritornato a casa contento, adesso mi si aprivano immense possibilità di lavoro o di andare all'Università col Presalario, per la prima opzione non dovevo che incominciare a fare domande alle aziende e aspettare che mi convocassero per un colloquio. Feci il giro di tutte quelle che erano in Abruzzo, la Fater, la Angelini e tante altre piccoline, ma le risposte furono subito negative in quanto non avevo ancora fatto il soldato o avevo poca esperienza. Ho fatto domanda anche per entrare in accademia nell'Arma dei Carabinieri o della Guardia di Finanza con esito negativo a causa della mia altezza che era inferiore al metro e 71 che allora ci voleva per poter partecipare alle selezioni, orali e scritte per entrare all'Academia. Non avendo voglia di aspettare oltre e avendo la mia famiglia necessità che mi trovassi un lavoro, emigrai al nord fermandomi a Brugherio, una cittadina

D'Alessandro$Spezzaferro

nell'interland di Milano, dapprima presso la casa di un mio zio: Giustino, fratello maggiore di mia madre e poi, una volta trovata occupazione presso lo zio Quirino, il fratello minore di mia madre che essendo anche lui appena arrivato a Milano mi metteva a disposizione, a pagamento, una stanza fornendomi anche di vitto.   Io ogni mattina, con la mia bicicletta, unico mio mezzo di locomozione per eccellenza, mi recavo al lavoro alla MEBEL, una industria che stampava le materiali plastici a base di Melamina e Urea, polveri che venivano acquistate alla Montecatini o alla Ciba. E sì ragazzi, ho incominciato subito, facendo l'operaio per dodici mesi, prima che mi arrivasse la "cartolina rosa" del militare. A marzo dello stesso anno ho fatto i "3 giorni" a Como e mi hanno messo nei "Bersaglieri" , manfdandomi a fare la recluta a Roma, nella caserma Albaneese ruffo a Pietralata, a partire dal 3 ottobre 1967.

Titolazione del FERRO col metodo Zimmerman

 

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