|
Le case di Tolleranza a Chieti i Casini | ||
|
Nel postribolo di Gina si pagava
anche l'ingresso: dieci lire; un balzello fisso che esulava dalla
prestazione dell'amor profano goduto. Il piacere della
passione mercenaria costava venti/venticinque lire: il prezzo
corrispondeva alla famigerata "marchetta", una piastra di rame bucata al
centro e infilata in un chiodo che le due tenutrici ostentavano sul
tavolino del salone. Quanto più la "cocotte" era richiesta, tanto più il
suo chiodo traboccava di piastre. Ma a lei andava solo una piccola
percentuale del guadagno. Le meretrici mangiavano e dormivano nella
stessa casa e ogni quindici giorni cambiavano città. Erano tutte
giovanissime: sofisticate e talvolta istruite le puttane di Gina,
popolane e semplici quelle di Enrica. Qualcuna si era dedicata all'arte
dell'amore per poter sopravvivere, qualche altra lo faceva nella
speranza di contrarre un matrimonio importante. Molte venivano dall'Emilia Romagna: tutte col sangue caliente, piuttosto sboccate e massicce di corporatura. Una di loro si chiamava Franca. Era di Bologna: una donna bellissima che si prestava a tutti i tipi di relazione. Più esili e dolci nell'aspetto le istriane. C'era Lolita che veniva da Trieste: alla fine si era sposata con un cliente del bordello. Ma c'erano anche le siciliane e le romane, di quelle più sguaiate. Le due tenutrici avevano fatto la vita anche loro. Poi si erano ritirate per l'età. Enrica non era autoritaria e spesso si trovava a dover placare gli animi degli avventori più arroganti. Gina, al contrario, era una perfetta "tedesca", un personaggio che non si faceva prevaricare. Voleva molto bene a Nicola che, appena diciassettenne, varcò per la prima volta la soglia di quella casa del piacere dove conobbe i segreti dell'amore. Era il 1947. Non ero maggiorenne ma lei mi tollerò. L'uomo è un po' maialetto, e cerca sempre di trovare il godimento ma... il più delle volte frequentavo la casa di tolleranza perché c'era l'impianto di riscaldamento. Nella mia abitazione non c'erano i termosifoni, e poi lì si faceva salotto con gli amici. Così come oggi si va nei caffè, allora ci si trovava nella casa di tolleranza. Ci si stava caldi. Pagavi dieci lire di ingresso
e non dovevi consumare nulla. Oddio, c'era quella scocciatrice di Gina che ogni tanto veniva e faceva: "Giovanotti, qui non si cambia aria! In camera!" E batteva il palmo della mano sul tavolino. Poi presentava le ragazze. Qualcuno sceglieva e si rimaneva in pace per quei pochi minuti in cui non c'erano donne nella sala. Si discuteva: bastava coinvolgere anche lei nella discussione per potersi assicurare la serata! In realtà non ho mai sopportato di andare con una donna a pagamento. E' una cosa veramente orribile. Ma accade così. E un mestiere antico quanto il mondo. Non è che ci dobbiamo fare rossi. Però il fatto che, mentre sto facendo l'amore, lei mi chiede se voglio stare di più, e quindi devo pagare di più, e quindi c'è un rapporto che non è di amore, non è di niente, è una specie di tirare lo scarico del gabinetto per far uscire l'acqua, mi sembra veramente squallido. E poi la prestazione era a tempo. Era a tempo nel senso che ti dovevi spicciare. Perché più ti spicciavi più aumentava la pila delle marchette. Quando qualcuno si intratteneva di più, perché magari si era
innamorato, mentre stava a fare l'amore arrivava il suono del campanello: Tttttrrrrrrrrrr. Era lei che richiamava la ragazza per dire: "Che stai a fare? Fa la doppia?" Perché la doppia significava due volte, però in una. E Gina la richiamava col campanello. Ogni stanza aveva un pulsante di collegamento in camera per chiudere le marchette. Sì. Il campanello! Per cui ti veniva un accidente e non facevi più niente; perché quello ti stroncava la vita, la pelle. Quanti ricordi! Fiorin Fiorello l'amore è bello l'amore è bello vicino a te. Tarapapappà. Noi giovani ci regolavamo su chi fosse la migliore dall'altezza della colonna delle marchette. A volte la più brutta aveva poche marchette. Magari era più brava delle altre. Però era brutta. E ti faceva tenerezza. Invece chi aveva il chiodo pieno si era ammazzata di lavoro. Nel 1954 c'è stata la chiusura. Pare che adesso vogliano riaprirle. Da allora le donne vanno in strada, con i fuochi dei copertoni accesi, sul Lungomare di Montesilvano e alla Pineta di Pescara. A volte ci scappa anche il morto.
|
|